L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce l’Obesità come “una condizione clinica caratterizzata da un eccessivo peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo (grasso) in misura tale da influire negativamente sullo stato di salute”. Il metodo più valido per classificare l’Obesità è l’Indice di Massa Corporea (BMI) che misura il rapporto tra peso corporeo (Kg) ed altezza (m2). Un BMI superiore a 30 è indice di Obesità. Un BMI superiore a 40 è indice di Obesità Grave.
Fattori predisponenti possono essere di natura genetica, endocrina e metabolica, ma sicuramente nei paesi occidentali la causa principale è un’eccessiva introduzione di cibo altamente energetico per errate abitudini alimentari e/o per un disturbo del comportamento alimentare su base psicologica. Questi soggetti possono sperimentare una spiacevole percezione di disagio sociale e sono maggiormente esposti ad alcune malattie, quali diabete, ipertensione arteriosa, ictus cerebrale, infarto cardiaco, insufficienza respiratoria, calcolosi della colecisti, dolori articolari, gotta, dislipidemia, alcuni tumori maligni (colon, mammella, utero).
La chirurgia può essere presa in considerazione solo in pazienti informati e motivati, con rischio operatorio accettabile e dopo il fallimento di programmi integrati di trattamenti non chirurgici (dieta, esercizio fisico, terapie comportamentali). I candidati potenziali sono i pazienti, di età compresa tra 18 e 60 anni, con un BMI superiore a 40, o con BMI tra 35 e 40 che hanno malattie associate ad alto rischio, pazienti comunque disponibili a partecipare ai protocolli di follow-up a lungo termine.
Tutti gli interventi di chirurgia bariatrica possono essere eseguiti con tecnica mini-invasiva laparoscopica, oggi divenuta l’approccio di elezione, che prevede l’insufflazione della cavità addominale con un gas, l’anidride carbonica, e l’impiego di appositi strumenti, tra cui una videocamera, che vengono introdotti nell’addome attraverso alcuni piccoli fori, di solito 5.
Le principali complicanze comuni a tutti i tipi di intervento possono variare dalla lesione di un viscere addominale con conseguente emorragia e/o perforazione. Complicanze post-operatorie precoci (entro i primi 30 giorni dall’intervento): trombo-embolia venosa (formazione di coaguli di sangue nelle vene delle gambe e del bacino che possono migrare nel circolo sanguigno fino ad arrivare nelle arterie polmonari), fistola gastrica e/o intestinale (mancanza di tenuta delle cuciture dello stomaco o dell’intestino), infezione delle ferite chirurgiche, occlusione. Complicanze post-operatorie a distanza (oltre i 30 giorni dall’intervento): occlusione Intestinale (per aderenze interne), ernia sulla incisione chirurgica (laparocele) soprattutto se è stata utilizzata la via chirurgica tradizionale (laparotomia).
Bendaggio gastrico regolabile: La riduzione del peso corporeo si ottiene con un meccanismo di sazietà precoce. Il primo non comporta asportazione o sezione di organi e consiste nella creazione di una piccola tasca gastrica di circa 25 ml di volume, comunicante con il resto dello stomaco tramite uno stretto orifizio. Tale tasca viene creata circondando la parte superiore dello stomaco, a mò di clessidra, con un anello di silicone collegato mediante un tubicino ad un piccolo serbatoio, non visibile, posizionato nel tessuto sottocutaneo della parete addominale. L’anello di silicone può essere riempito o svuotato dal medico semplicemente aggiungendo o aspirando soluzione fisiologica sterile nel serbatoio che viene punto attraverso la cute, modificando così il diametro dell’orifizio di svuotamento.
Nell’intervento di gastrectomia verticale, in inglese “sleeve gastrectomy” (sleeve = manica), lo stomaco viene ristretto, sezionandolo verticalmente fino a formare un tubulo di 80-120 ml di volume e suturando la parete dal lato della resezione. E’ un’intervento restrittivo di duplice effetto: aumenta il senso di sazietà e riduce l’appetito. I pazienti inoltre manifestano un minore interesse per il cibo.
Il bypass gasrtico agisce limitando la quantità di cibo introdotta e comporta una riduzione dell’assorbimento intestinale. L’intervento consiste nella creazione di una ”piccola tasca gastrica” (volume di 15-20 ml) alla quale viene abboccata un ‘ansa intestinale. Si ottiene una tasca gastrica del volume di circa 20 ml che può quindi contenere solo limitate quantità di cibo, che “imbocca” una nuova strada “saltando” (bypass) lo stomaco, il duodeno ed il primo tratto dell’intestino tenue.
La diversione bilio-pancreatica (BPD) è un’intervento di riduzione dell’assorbimento intestinale che agisce sui processi digestivi riducendo l’assorbimento del cibo. Consiste nella resezione di circa i 2/3 della parte finale dello stomaco, della colecisti (per prevenire la formazione dei calcoli) e nella creazione di un doppio condotto intestinale che ritardi l’incontro fra cibo e succhi digestivi. Si divide, cioè, senza asportarne alcuna parte, l’intestino tenue in due tubi, facendo sì che in un condotto passino gli alimenti (tratto alimentare) e nell’altro le secrezioni digestive biliopancreatiche provenienti da fegato e pancreas (tratto biliopancreatico); i succhi digestivi incontrano il cibo a 50 centimetri dal colon, e solo per questo breve tratto (tratto comune) si mischiano ad esso. Esiste una variante all’intervento standard di BPD detta “duodenal switch”, molto diffusa negli USA, dove la resezione dello stomaco è verticale invece che orizzontale, con risparmio del piloro.